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Varese: qualche riflessione su ecosistema urbano e impatto sulla salute

L’attuale pandemia ci ha messo davanti ad alcune contraddizioni della nostra epoca: da un lato la corsa verso le città – fenomeno che è iniziato già da molti decenni e che non accenna a ridursi – che si sono trasformate in metropoli, e dall’altro la conseguenza della sovrappopolazione urbana, che ci ha dimostrato la drammatica fragilità di una scelta di aggregazione a volte al di là di ogni possibile comprensione.




La decisione di optare per la costruzione di metropoli – o in un futuro prossimo venturo di megalopoli – pur essendo stata fatta per una gestione di poteri economici ed amministrativi più adeguata, porta con sé una serie di conseguenze potenzialmente drammatiche – ad esempio, oltre una inadeguata difesa sanitaria anche quello di un enorme consumo di risorse di ogni genere.

D’altra parte tutti gli studi prospettici delle agenzie internazionali (ONU – World Population Prospects, ed altri) indicano che nel 2050 una popolazione mondiale di circa 10 miliardi di persone vivrà in megalopoli molte delle quali collocate in America (New York), in India (Mumbai, Delhi, Dhaka, Calcutta, Karachi), e in Africa (Kinshasa e Lagos).

Questo solo per sottolineare la tendenza attuale allo spostamento di ulteriori 2,5 miliardi di persone nelle aree urbane nei prossimi 30 anni, e la conseguente crescita esponenziale di molte città. Nel 1990 solo dieci città erano abitate da più di 10 milioni di abitanti, nel 2050 si stima che saranno oltre 40, con tutto quello che questo comporta in termini di controllo dell’impatto e gestione delle risorse.

Pertanto la sfida – anche nel prossimo futuro – si farà a livello delle città, che ancora sembrano esser una meta per i più. Sembra una scelta paradossale, in un Pianeta che rischia di vedere la campagna abbandonata in una fase di richiesta urgente di risorse, ma dobbiamo partire da questo per effettuare un minimo di analisi.

In Italia, da molto tempo (siamo arrivati alla 27° edizione) Legambiente pubblica il Rapporto sule performance ambientali delle città (Rapporto “Ecosistema urbano”) grazie al quale 104 città vengono analizzate sulla base di un set di indicatori in 5 macroaree (aria, acqua, rifiuti, mobilità e ambiente). Ogni macroarea è stata suddivisa in sottoinsiemi: Ambiente (Isole pedonali, Alberi, Verde Urbano, Solare termico e fotovoltaico, Uso efficiente del suolo), Aria (Biossido di azoto, PM10, Ozono), Acqua (Consumi idrici domestici, Dispersione della rete idrica, Capacità di depurazione), Mobilità (Passeggeri del trasporto pubblico, Offerta del trasporto pubblico, Tasso di motorizzazione, Incidenti stradali, Piste ciclabili) e Rifiuti (Produzione di rifiuti pro capite e Raccolta differenziata).

Il Rapporto non ha l’obiettivo solo di disegnare il nucleo di città dove si vive meglio, ma ha soprattutto lo scopo di individuare le aree dove la situazione è migliorata, le aree dove investire e soprattutto un mezzo piuttosto affidabile per rapportarsi – come amministrazioni comunali – alle situazioni migliori per studiare gli interventi messi in atto per raggiungere quei risultati.

Anche per Varese, l’analisi individua chiaramente le macroaree dove si è investito e quelle, invece, dove si dovrebbe investire. Va fatta, innanzitutto, una premessa di carattere generale che si basa solo ed esclusivamente sulla posizione in graduatoria finale. Varese ha ereditato una situazione estremamente compromessa da un punto di vista di impatto ambientale per il poco investimento delle amministrazioni che si sono alternate alla guida del Comune fino al 2015/2016. A partire da quel momento, gradualmente ma progressivamente, le politiche messe in atto hanno consentito un miglioramento sostanziale della situazione, che ha fatto progredire Varese verso le parti più alte della classifica. Si partiva infatti da un 77mo posto (su 104) nel 2016, per salire al 72mo (2017), al 55mo (2018), al 41mo (2019). Nel 2020 assistiamo invece a una perdita di oltre 20 posizioni (62mo posto). A parte questo ultimo risultato, tutto da analizzare, si osserva un deciso miglioramento nelle cinque macroaree durante l’attuale mandato.





Come si accennava poco prima, i dati raccolti da Legambiente devono avere lo scopo di individuare le macroaree e i loro sottoinsiemi dove investire per migliorare rispetto alla situazione attuale. In sintesi, i risultati del Rapporto possono rappresentare essi stessi gli elementi di base su cui il Governo Locale dovrà impegnarsi da subito.

Se analizziamo i dati relativi alla situazione di Varese negli ultimi cinque anni (2015/2020) emergono abbastanza chiaramente alcuni aspetti che meritano attenzione ed approfondimento, anche per alcuni aspetti che collegano tra loro interventi su Macroaree diverse:


· La Macroarea #Aria continua a essere una delle pecore nere della situazione di Varese. Non è una novità, dato che – secondo quanto ammesso dalla stessa Amministrazione – in Varese i cittadini usano i mezzi privati nel 67% dei casi, contro una media del 60% circa, e con percorsi che spesso sono al di sotto dei 5 km. E questo lo possiamo constatare dal livello di Biossido di azoto, PM10, Ozono (anche se nel 2020 c’è stato un miglioramento) accompagnato (Macroarea Mobilità) da un tasso di motorizzazione che mostra un costante aumento (nel 2020: 65,5% auto per 100 abitanti).


· Ma la Macroarea #Aria mostra anche un aspetto su cui lavorare, e molto. I contaminanti ambientali, infatti, non provengono solo ed esclusivamente dal traffico veicolare, ma anche dai sistemi di riscaldamento. Il che ci porta a riflettere sulle fonti di energia utilizzate. Se osserviamo gli investimenti nel solare e fotovoltaico (Macroarea Ambiente) indicati nel rapporto, possiamo osservare che (pur se con qualche miglioramento nel 2020) viaggiamo nella parti molto basse della classifica. E’ chiaro che esiste un rapporto proporzionale tra investimenti in energie alternative e tasso di inquinanti ambientali, e a maggiori investimenti nel settore corrisponderà un abbassamento dei livelli di inquinanti ambientali.


· Anche la Macroarea #Mobilità – offre spunti interessanti di riflessione sui collegamenti esistenti tra tasso di motorizzazione e la estrema esiguità dell’offerta in termini di piste ciclabili. E’ chiaro che, come oramai sostenuto dal mondo ambientalista, se non si interviene interpretando il mezzo di locomozione bicicletta come una reale alternativa all’autovettura ma si limiterà invece al solo turismo o alle attività più tipicamente ludiche, il tasso di motorizzazione non tenderà mai a decrescere, posto che non si offre in questo modo una valida e percorribile alternativa all’automobile. E’ chiaro che un uso più estensivo della bicicletta va accompagnato dallo sviluppo di una infrastruttura adeguata (reti di piste di collegamento con punti nevralgici, stazioni di ricarica per i mezzi con pedalata assistita), ma insomma questi sono comunque indicatori tra loro collegati. Idealmente, dovremo poter osservare il tasso di motorizzazione scendere ad un corrispondente aumento delle piste ciclabili e dell’infrastruttura di supporto.

Da non dimenticare è anche il problema degli incidenti stradali, necessariamente correlato al numero di autoveicoli. Varese registra 5,6 incidenti ogni 1000, in netto miglioramento rispetto agli anni precedenti, ma ancora troppo elevato, tanto da trattenere la città lombarda nella parte bassa della classifica italiana. Una classifica che comunque condanna il nostro paese che non è stato in grado di cogliere la sfida dell’Unione Europea, di dimezzare la vittime di incidente stradale. In sostanza Varese risulta una delle città peggiori in uno dei Paesi peggiori per risultati circa le politiche di prevenzione. Risulta evidente, pertanto, che realizzare politiche che promuovano uno spostamento alternativo all’automobile è di fondamentale importanza. Iniziative che per funzionare e permettere a Varese di compiere davvero un salto di qualità, dovranno essere strutturate non come imposizione, ma come reale alternativa, mettendo il cittadino nelle condizioni di scegliere un nuovo modo di concepire gli spostamenti in città.


· Emerge, per quanto riguarda la Macroarea #Ambiente lo stato di due parametri in cui avremmo pensato essere al top delle classifiche: verde urbano e alberi, dove invece la Città Giardino non brilla assolutamente, con una posizione media nei cinque anni al 63mo posto (verde urbano) ma soprattutto in una posizione di media classifica (intorno al 50mo posto sui 104 negli ultimi anni) per il numero di alberi per abitante. Anche questo è un elemento di riflessione che deve farci interrogare se è stato fatto tutto quello che serve per incrementare il verde, a partire (ma senza che questo rappresenti una limitazione) con l’implementazione della Legge 10 del 14.1.2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani).


· La Macroarea #Acqua è sicuramente una di quelle su cui investire maggiormente. Mai come quest’anno la performance di Varese ha registrato consumi così elevati (circa 182 litri/giorno/abitante) e una posizione così bassa nel report (91mo posto), molto probabilmente anche per l’eccessivo valore di dispersione di questo bene preziosissimo. Anche da un punto di vista di depurazione la situazione è altrettanto preoccupante, con una posizione tra le più basse del ranking, e ci si chiede se questo non abbia una sua conseguenza anche sugli interventi di risanamento del Lago.


· La Macroarea #Rifiuti sembra promuovere Varese a pieni voti per quanto riguarda il servizio porta a porta e la percentuale di raccolta differenziata, non ancora ottimale, ma in continuo, costante miglioramento anno dopo anno. Tuttavia un dato getta ombra su questi risultati. Si tratta della produzione pro-capite di rifiuti. Che sebbene sia di poco sotto la media italiana, a differenza della raccolta differenziata, non solo non è migliorata negli anni, ma addirittura ha avuto un lieve peggioramento. Quindi la sfida di Varese, circa questo tema, dovrà essere proprio quella di ridurre la quantità di rifiuti prodotta, per poter continuare il cammino virtuoso intrapreso oramai da diversi anni.




C’è da lavorare, pertanto, e molto. E lo diciamo perché – oltre al rapporto Ecosistema urbano di Legambiente, vanno considerati attentamente i risultati dello studio dell’EPHA (Alleanza Europea per la Salute Pubblica) che ha pubblicato recentemente (ottobre 2020) uno studio molto approfondito sulla salute pubblica a livello europeo. Un aspetto rilevante, infatti, e spesso sottostimato è l’impatto economico che l’inquinamento comporta in termini monetari. Lo studio dell’EPHA quantifica la morte prematura, le cure mediche, le giornate lavorative perse e altre spese sanitarie e sociali dirette ed indirette causate dai tre inquinanti atmosferici più pericolosi: particolato atmosferico (PM 10 e PM 2.5), ozono (O3) e biossido di azoto (NO2), che costa al cittadino medio di una città europea € 1.276 all’anno.

L’Italia è purtroppo molto ben rappresentata nelle prime peggiori 10 città europee (con Roma al 5° posto e Milano all’8°) per i costi pro capite più elevati. L’inquinamento atmosferico costa agli italiani in media 1.535 euro a testa all’anno, rispetto a una media rilevata per le 432 città prese in esame nel 2018 di 1.095 euro. In Italia le 5 città che dominano la triste classifica basata sul costo pro capite dell’inquinamento atmosferico sono: Milano, Padova, Venezia, Brescia e Torino.

Per quanto riguarda Varese, la città si posiziona al 18mo posto tra le città italiane con 1.555 € pro-capite in spese sanitarie e sociali per l'esposizione dei contaminanti sopra citati, Busto Arsizio ha un costo di 1.432 €.

Questo ci conferma quanto emerso dal rapporto su Ecosistema Urbano: bisogna intervenire sulla riduzione delle autovetture in centro città e puntare molto su un aumento considerevole del verde urbano, investendo sulle migliori specie specifiche per la sottrazione del particolato atmosferico e gli ossidi di azoto.

Le discussioni sulla bozza del nuovo PUMS (Piano Urbano per la mobilità sostenibile) e gli altri atti che il Comune dovrà adottare per tutti gli aspetti non coperti direttamente dal PUMS rappresentano il momento su cui investire per tutelare la vita e la salute dei cittadini.

In conclusione: salute e benessere, acqua pulita e servizi igienico sanitari, energia pulita ed accessibile, consumo e produzione responsabile e lotta contro il cambiamento climatico, non sono solamente i temi principali di queste macroaree ma rappresentano anche alcuni dei cosiddetti SDGs (Sustainable Development Goals), ovvero gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dettati dalle Nazioni Unite nel 2015. Varese, impegnandosi in politiche concrete all’interno di queste macroaree, riuscirebbe nell’impresa di migliorare la qualità della vita dei propri cittadini, proiettandosi in prima linea come città modello di Sviluppo Sostenibile.





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